Il principale problema assicurativo del non profit non è solo un problema assicurativo

Il principale problema assicurativo del non profit non è solo un problema assicurativo

 

In tanti anni di consulenza agli enti non profit, ci siamo resi conto che esiste un problema comune a tutte le organizzazioni, a prescindere dal loro oggetto sociale: chi ne sta fuori non sa quello che l'organizzazione fa nella quotidianità. È un problema diffuso soprattutto tra le organizzazioni di piccole dimensioni, quelle con un raggio d'azione limitato alla municipalità. In pratica, l'opinione pubblica molto spesso ignora completamente la natura del tuo lavoro e le difficoltà che devi superare ogni giorno.

Non prendere questo articolo come un'accusa, perché non lo è. Il pulpito delle assicurazioni non è il posto più adatto dal quale accusare chicchessia. Prendilo invece come uno spunto di riflessione che condividiamo dopo aver visto dall'interno tantissimi enti come il tuo: forse non lo sai, ma una parte molto importante del nostro essere specialisti del Terzo Settore è sempre stata quella di descrivere alle Compagnie i problemi delle diverse organizzazioni presso le quali svolgiamo le nostre consulenze.

Perché il tuo primo problema assicurativo è che chi dovrebbe tutelarti non sa bene quello che fai e come lo fai.

 

 

Una questione di definizione

 

Le Compagnie non amano assicurare rischi che non conoscono. E chi lavora nelle Compagnie - specialisti del rischio, liquidatori, medici legali e chiunque abbia il compito di decidere se darti dei soldi oppure no in caso di un certo evento - non sa in cosa consiste in pratica il tuo lavoro: non conosce le tue procedure, non conosce i soggetti per i quali presti il tuo servizio e non ha la minima idea del labirinto burocratico dal quale devi uscire vivo per ottenere un finanziamento o un permesso. Quindi non conosce i rischi che corri.

Da un lato far conoscere questi rischi è esattamente il nostro lavoro di consulenti assicurativi: descrivere bene quello che fai e fare in modo che la Compagnia accetti di assumere al posto tuo i rischi che corri con la tua attività. Dall'altro, però, questo non è solo un problema assicurativo.

Tanto per cominciare, "Terzo Settore" è un'espressione che conosci solo hai ben presente il settore: chi ne è al di fuori lo definisce più genericamente come "beneficenza" o "volontariato". Non è una semplice questione linguistica, ma l'indicatore di una generale inconsapevolezza delle complesse dinamiche dell'intero ecosistema del non profit (che non hanno a che fare solo con la beneficenza o con i volontari). 

L'opinione pubblica conosce solo "in teoria" quello che fai. E questa vaghezza, alla fine, fa un danno anche a te e alla tua organizzazione, perché diventa una distrazione che si manifesta in discorsi istituzionali astratti, in "notizie" concentrate su decreti legislativi anziché sui bisogni concreti e - cosa più grave - politiche che ignorano completamente il contesto operativo delle organizzazioni a cui sono rivolte. Il risultato è che iniziative anche lodevoli, ma promosse da soggetti che non hanno il polso della situazione in cui vivi ogni giorno, finiscono inevitabilmente per trasformarsi in cattedrali nel deserto.
In sostanza, manca una conoscenza pratica della quotidianità delle non profit.

 

Conoscenza e comprensione del non profit

 

La cosa ha dell'incredibile se pensi che parlare con persone come te, che il non profit lo fanno e ci sono dentro da una vita, è davvero interessante a più livelli. E non parliamo solo di raccontare i successi o i vari traguardi: parliamo anche delle difficoltà, dei rapporti tra volontari e dipendenti, dei lati più nascosti e meno romantici di un mondo in cui non c’è niente di scontato e tutto va conquistato con le unghie e con i denti.

Dalle chiacchierate con i nostri clienti abbiamo capito una cosa: il lavoro di un ente non profit deve essere un fatto personale, e come tale va raccontato.

Prova a pensarci: quante altre organizzazioni come la tua esistono? Probabilmente decine. Chiediti: perché le persone dovrebbero interessarsi proprio alla tua?

Quello che i nostri clienti ci raccontano è che non è la “mission” statutaria ad avere il potere di smuovere e coinvolgere i donatori, i volontari, le istituzioni e le aziende che negli anni sono state il motore per fare andare avanti le cose; bensì le relazioni che riesci a creare, il modo in cui fai sentire le persone coinvolte a livello personale.

 

L'importanza di una corretta comunicazione

 

Il punto è che bisogna comunicare quello che è stato fatto e le proprie esigenze, e farlo in maniera più concreta possibile. Perché sono i problemi affrontati a essere concreti.

Il bello di fare il nostro lavoro è che ci permette di entrare in organizzazioni di tutti i tipi e vedere il lavoro “dietro le quinte”. E quello che vediamo non è sempre nobile come invece spesso appare nelle comunicazioni ufficiali: i rapporti tra volontari e dipendenti non sono sempre idilliaci, la progettualità a volte annega nelle ondate di quotidianità. Spesso anche gli stessi operatori vivono difficoltà a livello privato. Sono problemi che, a nostro parere, rendono gli enti non profit realtà “vive” proprio come quelle aziendali, con le loro frustrazioni e i loro meccanismi imperfetti e, proprio per questo, interessanti.

Forse non si tratta di rivelazioni sconvolgenti, ma dagli organi di stampa istituzionali – e talvolta nella stessa comunicazione delle non profit – a volte questa praticità e questa concretezza manca, sostituita dai toni ufficiali e artificiosi dei comunicati stampa.

Chi dona lo fa per sentirsi parte di una storia, perciò il dovere di un'organizzazione di qualunque tipo è raccontare questa storia. Noi, nel nostro piccolo, abbiamo iniziato a farlo anche dalle pagine di questo blog.

Se ti interessa raccontarci la tua e quella della tua associazione, faccelo sapere: saremo felici di condividerla con altri.

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